giovedì 17 maggio 2007

estate 1960


estratto da "Dall'Ellade a Bisanzio" di Alberto Arbasino.
Atene 1960. Abitudini culinarie.
Si può andarvi a mangiare di sera, per fare esperienza, nelle taverne piccoline. Tutte sui tetti o in fondo a un vicolo cieco, decorate con gabbiette di uccelli, affreschi di santi famosi per la crescita dei capelli, organetti da giostrine "foraines", un paio di mandolini e di piatti molto tipici per comitive greche ugualmente tipiche. Come cibo, 'pas fameux'.
Ma in tutti i posti dove la fame si è patita sul serio per secoli, più una persona è grassa e più la gente la trova bella: non solo nelle stive marittime, anche per strada basta seguire a pochi metri una signora o un giovanotto forestiero con chiappe prosperose, e gli urli di ammirazione sono collettivi. Come nelle celebri foto "di costume" del nostro profondo Sud, con le prime ragazze in bicicletta ai crocicchi dei maschi assatanati di ogni età. Qui però anche il culone maschile extra-large sebra tuttora fragorosamente apprezzato, mentre "slim" con i jeans 501 assolutamente no.
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Zeus può (talvolta) perdonare, ma la prosa artistica MAI! ci si ammonisce fin dai profondi anni Trenta. Però tutti questi piatti omerici e socratici sono talmente grassi, unti, cicciolosi, pepati, speziati, drogati, fritti: un trionfo degli aromi e odori che anticamente costavano patrimoni, quando anche il sale era un lusso e gli ormoni no...Giusto il contrario dei fabbisogni sudaticci di un clima caldissimo, ancora più greve della nostra estate nazionale. Come si fa a trasporne le qualità e i caratteri in una scrittura arcadica o ermetica equivalente? Si tratta poi sempre in realtà di spezzatini, involtini, fagottini, polpette, cioè quel genere di pietanze 'accomodate' che utilizzano avanzi tritati di "altro" quando il filetto manca e la fesa non c'è. Gli 'uccelli scappati' si diceva nelle campagne, quando in mancanza (appunto) di uccelletti commestibili si cucinava 'quel poco che c'è in casa'
La leccornia più vantata dagli osti sarebbe il medesimo spezzatino, avvolto però in foglie di vite. Ne sono ghiottissimi; ma non si tratta di una vite speciale, sembra la stessa cosa che andare in una vigna a Frascati, staccare una foglia senza verderame, e mangiarla così com'è.

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